Educatore scolastico e ASACOM: facciamo chiarezza sui ruoli nella scuola italiana
Negli ultimi anni, il dibattito sull'inclusione scolastica si è arricchito (o forse complicato) con la presenza di nuove figure accanto agli alunni con disabilità. Tra queste, l’educatore scolastico e l’ASACOM (Assistente all’Autonomia e alla Comunicazione) sono spesso confusi, sovrapposti o considerati intercambiabili. Ma non lo sono.
🔍 Due ruoli distinti, spesso confusi
Il lavoro accanto a studenti con bisogni educativi speciali è prezioso, ma è fondamentale che chi opera nella scuola sappia chi fa cosa, con quale mandato e con quali obiettivi. Le differenze esistono e vanno conosciute per evitare ambiguità e valorizzare entrambe le figure.Chi sono l’educatore scolastico e l’ASACOM?
Quando si parla di supporto agli alunni con disabilità o con bisogni educativi speciali, spesso si tende a usare in modo indistinto termini come educatore scolastico o ASACOM. In realtà si tratta di due figure professionali diverse, sia per formazione che per ruolo, obiettivi e ambiti di intervento.
L’educatore scolastico è un professionista dell’area pedagogica che opera generalmente all'interno della scuola per favorire l’inclusione e il benessere degli alunni. Il suo intervento può essere rivolto al singolo, a piccoli gruppi o all'intera classe, spesso nell'ambito di progetti educativi o di attività previste nel PEI (Piano Educativo Individualizzato). Non esiste una normativa nazionale univoca che ne regoli la presenza nelle scuole, per cui le modalità di impiego variano da regione a regione, o da comune a comune. Anche i requisiti di accesso possono cambiare: in alcune realtà è richiesta una laurea in Scienze dell’Educazione, in altre può bastare un diploma ad indirizzo socio-pedagogico.
L’ASACOM, invece, è l’Assistente all'Autonomia e alla Comunicazione. È una figura prevista dalla Legge 104 del 1992, che affianca uno specifico alunno certificato ai sensi della stessa legge. Il suo compito principale è quello di favorire l’autonomia personale e/o la comunicazione dell’alunno con disabilità, in base a quanto previsto nel suo PEI. A differenza dell’educatore, l’ASACOM lavora esclusivamente con un singolo studente, per un numero preciso di ore stabilito dalla scuola e dall'ente erogatore. Viene solitamente assunto dal comune o da enti territoriali competenti, e spesso deve possedere un diploma o una laurea in ambito educativo o psicologico, accompagnati da una formazione specifica riconosciuta a livello regionale.
Insomma, pur operando entrambi nella scuola e nell'ottica dell’inclusione, educatore scolastico e ASACOM non svolgono lo stesso ruolo: hanno competenze, obiettivi e percorsi professionali differenti. Conoscerli è il primo passo per valorizzarli davvero
Differenze operative: chi fa cosa?
L’educatore scolastico può lavorare con più alunni contemporaneamente, anche senza una certificazione di disabilità, e spesso svolge attività di supporto all'intera classe. Collabora con gli insegnanti, ma non è detto che sia presente ogni giorno o per tutta la giornata scolastica.
L’ASACOM, invece, lavora accanto a un alunno certificato, in base al suo PEI (Piano Educativo Individualizzato). Il suo intervento mira a favorire l’autonomia e la comunicazione, e la sua presenza è spesso costante o regolata da un numero preciso di ore settimanali.
Perché c'è così tanta confusione tra educatore scolastico e ASACOM?
La confusione che ruota attorno alle figure dell’educatore scolastico e dell’ASACOM è diffusa e radicata, e non riguarda solo i non addetti ai lavori: coinvolge anche docenti, famiglie e a volte persino dirigenti scolastici. Ma da cosa nasce questa ambiguità?
Un primo motivo è legato all'uso improprio dei termini. Spesso, qualsiasi figura che affianchi un alunno con disabilità viene genericamente chiamata “educatore”. Questo accade nei corridoi delle scuole, nei consigli di classe, ma anche nei documenti ufficiali o nelle comunicazioni alle famiglie. La parola “educatore” è rassicurante, comprensibile, ma non sempre precisa: può riferirsi a chi svolge un ruolo educativo in senso lato, ma non distingue tra chi si occupa di inclusione a livello di classe e chi supporta la comunicazione o l’autonomia di un singolo alunno con certificazione. È come parlare di “medico” senza distinguere tra pediatra, neurologo o chirurgo.
Un secondo elemento di criticità riguarda il fatto che in Italia non esiste un inquadramento normativo uniforme su tutto il territorio nazionale per queste figure. La figura dell' ASACOM è prevista dalla Legge 104/1992, ma le modalità con cui viene impiegato variano molto da regione a regione, e spesso anche da comune a comune. Ancora più incerta è la figura dell’educatore scolastico, che non è disciplinata da una legge nazionale specifica: ogni territorio stabilisce i criteri di accesso, le mansioni e i titoli richiesti, spesso con grande discrezionalità. Ne risulta una mappa frammentata, dove lo stesso lavoro può essere chiamato in modi diversi, richiesto con titoli diversi, e retribuito in modo del tutto disomogeneo.
Anche le famiglie e i docenti si trovano spesso disorientati: faticano a capire quale figura stia realmente affiancando il loro figlio o alunno, quali competenze abbia, a chi spetti il coordinamento del suo intervento, quali siano i suoi limiti e i suoi obiettivi. Questa incertezza può generare frustrazione e aspettative errate: capita, ad esempio, che si chiedano all’ASACOM compiti propri dell’insegnante di sostegno, o che si attribuiscano all'educatore responsabilità che spettano all'équipe multidisciplinare.
Infine, anche le cooperative sociali e gli enti che gestiscono i servizi educativi contribuiscono, talvolta involontariamente, a questa confusione. I bandi di gara o le offerte di lavoro non sempre distinguono in modo chiaro tra i ruoli, oppure mescolano competenze e profili, parlando indistintamente di “educatori” o “assistenti scolastici” senza definire le funzioni con precisione. Questo genera un corto circuito comunicativo che si riflette anche nella pratica quotidiana: chi lavora nella scuola rischia di sentirsi “incastrato” in un ruolo che non corrisponde alla propria formazione, oppure di svolgere compiti che esulano dalle proprie responsabilità
Perché è importante fare chiarezza?
Fare chiarezza sui ruoli di educatore scolastico e ASACOM non è solo una questione tecnica o burocratica. È una questione di diritti, qualità dell’inclusione e riconoscimento professionale.
Innanzitutto, una corretta definizione dei ruoli permette di tutelare il diritto allo studio degli alunni con disabilità. Ogni figura coinvolta nel progetto educativo ha un compito specifico: confondere le responsabilità rischia di compromettere l’efficacia degli interventi. Se non sappiamo chi deve occuparsi di cosa, chi lavora con il bambino rischia di agire “per buon senso”, in modo improvvisato o frammentato, senza una progettualità condivisa. Questo può creare disservizi, sovrapposizioni, oppure – al contrario – vuoti educativi, in cui nessuno si assume realmente la responsabilità.
In secondo luogo, fare chiarezza serve a valorizzare il lavoro delle figure educative, che troppo spesso vengono percepite come “presenze esterne” o “di supporto generico”. Quando non è chiaro il loro ruolo, si finisce per attribuire loro compiti impropri, sottovalutare le loro competenze, oppure escluderle dalle decisioni importanti. Al contrario, quando il loro profilo è definito e riconosciuto, possono essere pienamente integrate nel lavoro di équipe, contribuendo in modo attivo e consapevole al progetto educativo personalizzato.
C’è poi una questione di formazione e accesso alla professione. Se i confini tra i ruoli restano sfumati, anche la formazione rischia di diventare poco mirata: chi aspira a lavorare nella scuola non sa quale percorso intraprendere, quali titoli sono richiesti o quali competenze siano davvero necessarie. In alcuni territori si lavora come educatori o ASACOM con percorsi minimi o corsi brevi, in altri si richiede una laurea: questa disomogeneità crea incertezza, precarietà e frustrazione tra i professionisti del settore.
Infine, fare chiarezza è fondamentale per costruire una cultura dell’inclusione più solida e responsabile. L’inclusione non si improvvisa: richiede collaborazione, consapevolezza dei ruoli e una visione condivisa. Ogni figura coinvolta deve sapere cosa è chiamata a fare, con quali strumenti, in quale direzione. Solo così possiamo garantire un intervento realmente efficace, rispettoso e centrato sul benessere dell’alunno.
Parliamone insieme
Prof. Giuliana
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