Chi sono gli incel
Molti di loro si ritrovano su forum e piattaforme digitali dove rafforzano reciprocamente le proprie convinzioni tossiche, alimentando narrazioni che legittimano l’odio, il disprezzo verso le donne e la colpevolizzazione della società.
La teoria della Red Pill: una visione distorta delle relazioni
Uno dei pilastri ideologici del mondo incel è la teoria della Red Pill 💊 Il concetto, preso in prestito dal film Matrix, viene reinterpretato in chiave sessista: "prendere la pillola rossa" significherebbe aprire gli occhi sulla “vera natura” delle donne, considerate interessate solo a uomini belli, dominanti e ricchi (i Chad), e manipolatrici nei confronti di tutti gli altri.
Questa teoria alimenta:
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una visione binaria e distorta delle relazioni,
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la convinzione di essere vittime di un sistema ingiusto,
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il disprezzo verso le donne, accusate di ipergamia e falsità.
Da qui nascono correnti ancora più estreme, come la "blackpill", che promuove un senso di rassegnazione e nichilismo assoluto: se non si rientra in certi canoni estetici o sociali, non c’è speranza.Come riconoscerli
Riconoscere una persona che si avvicina alla subcultura incel non è facile, ma ci sono alcuni segnali che possono rappresentare campanelli d’allarme:
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Discorso ricorrente contro le donne, anche sotto forma di ironia o battute sessiste
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Tendenza a isolare se stessi dai coetanei o dalla vita sociale
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Uso di termini specifici della comunità incel (Chad, Stacy, blackpill, ecc.)
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Espressioni di rabbia, rancore o vittimismo, soprattutto verso chi vive relazioni sentimentali
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Sfogo costante online, con partecipazione attiva a forum o community chiuse
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Senso cronico di inadeguatezza, bassa autostima, pensieri autodistruttivi
Cosa fare: interventi pedagogico e preventivi
Di fronte a questi segnali, l’obiettivo non deve essere la stigmatizzazione, ma la comprensione, la prevenzione e l’educazione.
- Educare all’affettività e alle relazioni: fin dall’infanzia, è importante educare al rispetto reciproco, all'empatia e alla gestione delle emozioni. Scardinare stereotipi di genere e affrontare apertamente il tema del consenso, dell’autodeterminazione e delle relazioni sane è fondamentale.
- Favorire spazi di ascolto e inclusione: ragazzi che si sentono esclusi o inadeguati devono poter trovare ambienti accoglienti, dove potersi esprimere senza paura del giudizio. Le attività di gruppo, la peer education e i percorsi di tutoring possono ridurre l’isolamento e favorire un reinserimento positivo nel gruppo dei pari.
- Educare alla cittadinanza digitale e al pensiero critico: le narrazioni incel prosperano in rete. È quindi cruciale sviluppare competenze digitali: saper riconoscere linguaggi d’odio, analizzare criticamente i contenuti, distinguere tra opinioni personali e manipolazioni sistematiche.
- Ascoltare senza giudicare, intervenire quando necessario: molti adolescenti vivono momenti di frustrazione o disorientamento. Il primo passo è ascoltarli, evitare di minimizzare (“è solo una fase”) o ridicolizzare i loro vissuti. Nei casi più gravi, in cui si rileva una sofferenza psichica profonda, isolamento marcato o pensieri violenti o autodistruttivi, è indispensabile proporre un percorso di supporto psicologico con un professionista. Psicologi scolastici, educatori e servizi territoriali possono diventare preziosi alleati per intercettare e accompagnare il disagio.
Educare per prevenire
Non basta punire o censurare. Serve educare con consapevolezza, offrire strumenti, modelli alternativi e possibilità reali di costruire relazioni sane.
Perché dietro l’odio può esserci dolore, e dietro un post pieno di rabbia può esserci una richiesta d’aiuto.
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Prof. Giuliana
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