Dentro il mondo degli "incel": chi sono, come riconoscerli, cosa fare






Negli ultimi anni, diversi episodi di violenza hanno portato alla luce una realtà sommersa, fatta di rancore, misoginia e isolamento sociale.
Tra i casi internazionali più noti c’è quello di Elliot Rodger, un giovane americano che nel 2014 ha ucciso sei persone prima di togliersi la vita. Il suo gesto era motivato da un forte odio verso le donne, esplicitato in un manifesto che lo ha reso una figura di riferimento per la comunità online degli incel.

Anche in Italia il fenomeno ha mostrato il suo volto più drammatico.
Nel luglio 2024, Sara Campanella, studentessa di 30 anni, è stata brutalmente uccisa a coltellate da un ragazzo conosciuto online. Il movente sembra affondare le radici proprio nella logica incel: il ragazzo si dichiarava escluso dalle relazioni affettive e sessuali e manifestava un profondo rancore verso le donne.
Un caso che ha scosso l’opinione pubblica e acceso i riflettori su un fenomeno ancora troppo poco conosciuto.

Chi sono gli incel

Incel significa “involuntary celibate”, cioè celibi involontari.
Si tratta in gran parte di giovani uomini che si percepiscono rifiutati dal mondo femminile e dalle relazioni. A partire da questo vissuto, sviluppano un forte senso di frustrazione, che in alcuni casi degenera in misoginia, vittimismo e isolamento sociale.

Molti di loro si ritrovano su forum e piattaforme digitali dove rafforzano reciprocamente le proprie convinzioni tossiche, alimentando narrazioni che legittimano l’odio, il disprezzo verso le donne e la colpevolizzazione della società.

La teoria della Red Pill: una visione distorta delle relazioni

Uno dei pilastri ideologici del mondo incel è la teoria della Red Pill 💊 Il concetto, preso in prestito dal film Matrix, viene reinterpretato in chiave sessista: "prendere la pillola rossa" significherebbe aprire gli occhi sulla “vera natura” delle donne, considerate interessate solo a uomini belli, dominanti e ricchi (i Chad), e manipolatrici nei confronti di tutti gli altri.

Questa teoria alimenta:

  • una visione binaria e distorta delle relazioni,

  • la convinzione di essere vittime di un sistema ingiusto,

  • il disprezzo verso le donne, accusate di ipergamia e falsità.

Da qui nascono correnti ancora più estreme, come la "blackpill", che promuove un senso di rassegnazione e nichilismo assoluto: se non si rientra in certi canoni estetici o sociali, non c’è speranza.Come riconoscerli

Riconoscere una persona che si avvicina alla subcultura incel non è facile, ma ci sono alcuni segnali che possono rappresentare campanelli d’allarme:

  • Discorso ricorrente contro le donne, anche sotto forma di ironia o battute sessiste

  • Tendenza a isolare se stessi dai coetanei o dalla vita sociale

  • Uso di termini specifici della comunità incel (Chad, Stacy, blackpill, ecc.)

  • Espressioni di rabbia, rancore o vittimismo, soprattutto verso chi vive relazioni sentimentali

  • Sfogo costante online, con partecipazione attiva a forum o community chiuse

  • Senso cronico di inadeguatezza, bassa autostima, pensieri autodistruttivi

Cosa fare: interventi pedagogico e preventivi

Di fronte a questi segnali, l’obiettivo non deve essere la stigmatizzazione, ma la comprensione, la prevenzione e l’educazione.

  • Educare all’affettività e alle relazioni: fin dall’infanzia, è importante educare al rispetto reciproco, all'empatia e alla gestione delle emozioni. Scardinare stereotipi di genere e affrontare apertamente il tema del consenso, dell’autodeterminazione e delle relazioni sane è fondamentale.

  • Favorire spazi di ascolto e inclusione: ragazzi che si sentono esclusi o inadeguati devono poter trovare ambienti accoglienti, dove potersi esprimere senza paura del giudizio. Le attività di gruppo, la peer education e i percorsi di tutoring possono ridurre l’isolamento e favorire un reinserimento positivo nel gruppo dei pari.

  • Educare alla cittadinanza digitale e al pensiero critico: le narrazioni incel prosperano in rete. È quindi cruciale sviluppare competenze digitali: saper riconoscere linguaggi d’odio, analizzare criticamente i contenuti, distinguere tra opinioni personali e manipolazioni sistematiche.

  • Ascoltare senza giudicare, intervenire quando necessario: molti adolescenti vivono momenti di frustrazione o disorientamento. Il primo passo è ascoltarli, evitare di minimizzare (“è solo una fase”) o ridicolizzare i loro vissuti. Nei casi più gravi, in cui si rileva una sofferenza psichica profonda, isolamento marcato o pensieri violenti o autodistruttivi, è indispensabile proporre un percorso di supporto psicologico con un professionista. Psicologi scolastici, educatori e servizi territoriali possono diventare preziosi alleati per intercettare e accompagnare il disagio.

Educare per prevenire

Il fenomeno incel ci obbliga a riflettere sul modo in cui educhiamo i nostri figli e studenti alla relazionalità, alla sessualità, alla gestione della frustrazione.
Parla di fragilità maschili, di bisogno di appartenenza, di distorsioni nate anche dall'assenza di una cultura affettiva diffusa.

Non basta punire o censurare. Serve educare con consapevolezza, offrire strumenti, modelli alternativi e possibilità reali di costruire relazioni sane.

Perché dietro l’odio può esserci dolore, e dietro un post pieno di rabbia può esserci una richiesta d’aiuto.

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Prof. Giuliana

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