L’altro giorno è successa una cosa piccola, ma per me enorme.
A casa abbiamo una veranda chiusa da una porta in ferro battuto, molto pesante. All'interno della veranda ci sono due gattini che mio figlio di quattro anni adora, e cerca di andare a trovarli ogni volta che può.
C’è solo un problema: per entrare deve girare la chiave di quella porta… e non è facile, nemmeno per un adulto. Di solito mi chiama, aspetta pazientemente che io arrivi ad aiutarlo, e poi corriamo insieme a vedere i gattini.
Ma l’altro giorno è successa una piccola magia.
Si è avvicinato da solo alla porta, ha preso la chiave, ci ha provato… e ce l’ha fatta davvero!
La sua reazione è stata indimenticabile: si è voltato verso di me con gli occhi spalancati dalla sorpresa ed è esploso in un grido di gioia: “Ce l’ho fattaaaaaaa!!! Sìììììì!!!!”
Poi ha iniziato a saltare ripetendo una sorta di canzoncina: “Sono grande, sono grande, sono grande!”
Una piccola conquista, un grande passo
In quel momento mi sono fermata a guardarlo. Era felicissimo. E non per un regalo, non per un premio, non per un gioco nuovo.
Era felice perché ce l’aveva fatta da solo. Perché, nel suo piccolo, aveva affrontato qualcosa di difficile e lo aveva superato.
Quella sensazione di autonomia, padronanza, crescita… si stava imprimendo nel suo modo di percepirsi: "Sono grande".
Quante volte ci sostituiamo a loro?
Quell'episodio mi ha fatto riflettere su quante volte, per fretta o per abitudine, ci sostituiamo ai bambini.
Apriamo noi un cassetto troppo duro, allacciamo le scarpe anche se ci stavano già provando, sistemiamo lo zaino, imbocchiamo...
Lo facciamo “per aiutare”. Lo facciamo perché “tanto ci mettiamo un attimo”.
Ma davvero li stiamo aiutando?
Aiutare non significa fare al posto loro
Ogni volta che anticipiamo o ci sostituiamo ad un bambino in una piccola azione quotidiana, gli stiamo sottraendo un’occasione di crescita.
Non lo facciamo con cattive intenzioni, anzi. Ma nel messaggio implicito c’è scritto: “Non riesci a farlo da solo. Faccio io.”
In questo modo, inconsapevolmente, limitiamo la loro libertà. Non li lasciamo sbagliare, imparare, provare e… riuscire.
Lasciamo spazio alla loro autonomia
L’autonomia non nasce da un giorno all'altro, né da un elenco di compiti da saper svolgere.
Nasce da tante piccole esperienze quotidiane. Da cassetti aperti da soli. Da scarpe sbagliate e poi rimesse. Da chiavi girate con fatica.
Nasce soprattutto da genitori e adulti che sanno aspettare, che sanno accompagnare senza fare tutto al posto loro.
Per un bambino, essere autonomo non significa solo “fare da solo”. Significa sentirsi capace, degno di fiducia, competente.
E questo, sì, li fa davvero sentire grandi.
E tu?
Ti è mai capitato un momento simile con tuo figlio, o con un bambino che segui a scuola?
Hai mai notato quella scintilla negli occhi quando riescono in qualcosa da soli?
Raccontamelo nei commenti. Condividere queste esperienze è un modo per imparare anche noi a crescere, insieme a loro.
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Prof. Giuliana
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