Diventare insegnante non è mai stato un percorso semplice. Ma negli ultimi anni sembra che, più che formare figure competenti e motivate, il sistema abbia creato un vero e proprio labirinto fatto di corsi, esami, concorsi, certificazioni… spesso a pagamento.
E così nasce una domanda inevitabile: la formazione dell’insegnante è davvero un’opportunità di crescita o è diventata una macchina per fare soldi?
1. La laurea non basta
Hai studiato per cinque anni, sei riuscito a laurearti e pensi di poter finalmente insegnare?
Purtroppo, no. Spesso la laurea non è sufficiente per accedere a una classe di concorso: mancano esami specifici, da integrare separatamente e spesso in università private. Un ulteriore investimento, in denaro e in tempo, che arriva dopo un percorso già lungo e impegnativo.
2. I famosi 24 CFU: una parentesi costosa
Per un periodo, ottenere i 24 CFU in ambiti pedagogici, psicologici e didattici era l’unico modo per partecipare ai concorsi.
Molti hanno investito centinaia di euro per conseguirli… salvo poi scoprire, qualche anno dopo, che non erano più richiesti.
Un requisito sparito nel nulla, lasciando dietro di sé spese, frustrazione e legittime domande.
3. Concorsi e abilitazione: regole che cambiano in corsa
Un tempo superare un concorso significava essere abilitati. Poi non più.
Il quadro normativo è cambiato così tante volte che è difficile stare al passo. Oggi ci si trova a passare per corsi abilitanti a pagamento, con costi che superano facilmente i 2.000 euro.
Chi riesce a seguirli? Chi può permetterselo?
4. Le certificazioni: davvero tutte necessarie?
Certificazioni informatiche, linguistiche, metodologiche, LIM, tablet, coding, e chi più ne ha più ne metta.
Alcune sono davvero formative, ma molte sembrano solo un modo per accumulare punti nelle graduatorie.
E soprattutto, ancora una volta: pagando.
5. Il TFA sostegno: formazione o selezione economica?
Chi vuole diventare insegnante di sostegno deve affrontare un percorso specifico: il TFA.
Un corso utile, sì. Ma anche estremamente costoso (fino a 4.000 euro), con selezioni rigide e poche sedi disponibili.
Chi non ha possibilità economiche parte già svantaggiato.
6. Formazione continua: diritto o business?
Formarsi è fondamentale. Un buon insegnante non smette mai di imparare.
Ma è giusto che questo percorso diventi così dispendioso? È giusto che la possibilità di lavorare dipenda da quanti corsi puoi pagarti?
La formazione dovrebbe essere accessibile, pubblica, trasparente, non una corsa a ostacoli a pagamento.
Eppure, si è innescato un vero circolo vizioso.
Gli aspiranti docenti, per non restare indietro, si sentono costretti a inseguire certificazioni, master, corsi di perfezionamento, abilitazioni. Perché? Perché se non lo fai, qualcun altro lo farà al posto tuo.
Il rischio di essere scavalcati da chi “sta al gioco” è concreto.
E così, anche chi è critico nei confronti di questo sistema finisce per assecondarlo, spesso per paura di perdere un posto in graduatoria o di restare senza incarico l’anno successivo.
Un meccanismo che alimenta ansia, precarietà e un pressante senso di frustrazione, perché sembra quasi che il traguardo non arrivi mai.
Questo post non vuole essere solo una denuncia, ma un invito al confronto. Come possiamo ripensare la formazione degli insegnanti in modo più equo, trasparente, efficace? Come tutelare chi desidera insegnare senza cadere nella trappola del "pagare per lavorare"?Ti va di dire la tua?
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Prof Giuliana
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