Ma di fronte alla crescente complessità dei bisogni educativi, il nostro sistema forma davvero in modo adeguato chi svolge ruoli così delicati?
Una riflessione che non vuole puntare il dito
Partiamo da un presupposto chiaro: questa riflessione non vuole mettere in discussione il valore delle persone. Ho conosciuto ASACOM straordinari, con un diploma e tanta esperienza sul campo, che si aggiornano con passione e che hanno un’empatia rara.
Al tempo stesso, conosco educatori e laureati in Scienze dell’Educazione che si sentono scavalcati da percorsi formativi più brevi e meno strutturati, pur avendo investito anni nello studio e nella formazione professionale.
Diversi percorsi, stessi compiti?
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pedagogia generale, speciale e interculturale,
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psicologia dello sviluppo e dell’apprendimento,
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metodologia della progettazione educativa,
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etica e deontologia professionale.
I percorsi sono diversi, ma spesso nella pratica ci si ritrova ad affrontare compiti simili, come:
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supporto nella relazione educativa,
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mediazione con la famiglia,
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osservazione del comportamento,
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costruzione di strategie per l’autonomia.
Non è (solo) una questione di titoli
Non si tratta di dire chi è “meglio” o “peggio”. L’empatia, la pazienza, la capacità di ascolto non si misurano con un titolo di studio. Ma la complessità educativa richiede strumenti che si apprendono anche attraverso la teoria, lo studio, il confronto accademico.
Una questione sistemica
Il vero problema non sono le persone. Il problema è un sistema che:
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forma in fretta e poi abbandona,
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crea sovrapposizioni e confusione tra figure professionali,
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non valorizza il sapere pedagogico,
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investe poco nella formazione continua.
E a pagarne il prezzo, spesso, sono proprio gli alunni più fragili, che meriterebbero una rete educativa strutturata, formata, competente.
In conclusione: serve una visione più chiara e coraggiosa
Non dobbiamo dividerci tra chi ha un diploma e chi una laurea. La vera sfida è costruire una scuola in cui ogni figura educativa sia formata in modo serio, riconosciuta nel proprio ruolo e valorizzata per ciò che porta.
Serve una visione politica e culturale che non risparmi sulla qualità educativa, perché educare non è un compito secondario: è una responsabilità enorme.
Hai mai lavorato con figure come l’ASACOM o l’educatore scolastico?
Hai vissuto in prima persona questa distinzione tra percorsi formativi diversi?
Credi che oggi il sistema garantisca una preparazione adeguata a chi lavora accanto agli alunni più fragili?
👇 Scrivilo nei commenti!
Il confronto arricchisce tutti, soprattutto quando si parla di educazione. Raccontare le proprie esperienze può aiutare a far luce su un tema spesso poco discusso, ma fondamentale per il futuro della scuola.
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Prof. Giuliana
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