Educazione emotiva: la materia che manca a scuola



Nelle nostre scuole i bambini imparano presto a leggere, scrivere e fare i conti. Ma chi insegna loro a leggere dentro di sé? Chi offre strumenti per dare un nome a quella rabbia che monta quando un compito non riesce o a quella tristezza che compare senza motivo apparente?
La verità è che l’educazione emotiva è ancora la grande assente nei programmi scolastici.

Cos’è l’educazione emotiva?

L’educazione emotiva è il percorso attraverso cui bambini e ragazzi imparano a riconoscere, esprimere e gestire le proprie emozioni. Non si tratta di una “materia in più”, ma di una competenza trasversale che tocca ogni aspetto della vita scolastica e personale.

Daniel Goleman, psicologo e autore che ha reso famoso il concetto di intelligenza emotiva, sostiene che il successo nella vita dipende in gran parte dalla capacità di comprendere se stessi, di relazionarsi in modo empatico con gli altri e di gestire emozioni difficili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, già negli anni ’90, aveva inserito le competenze emotive e sociali tra le life skills fondamentali per il benessere e la salute.

Perché è indispensabile oggi?

Mai come oggi bambini e adolescenti vivono situazioni di stress, ansia e fragilità emotiva. Le ricerche ci dicono che senza benessere emotivo non c’è apprendimento efficace: la mente è distratta, la memoria si blocca, la motivazione crolla.

Inoltre, le competenze socio-emotive sono quelle più richieste dal mondo del lavoro contemporaneo: cooperazione, resilienza, empatia, capacità di comunicare in modo assertivo. Educare alle emozioni significa preparare i cittadini di domani, non solo studenti che sanno superare verifiche e test.

Come inserirla nella didattica?

L’educazione emotiva non richiede ore aggiuntive, ma un cambio di sguardo. Ecco alcuni esempi concreti:

  • Circle time: un momento circolare di parola e ascolto, dove ciascuno può raccontare come si sente.

  • Diari emotivi: piccoli spazi di scrittura in cui gli alunni annotano emozioni vissute durante la giornata.

  • Role play e drammatizzazione: immedesimarsi in situazioni diverse per capire punti di vista ed emozioni altrui.

  • Lettura di storie e albi illustrati: parlare delle emozioni dei personaggi per riconoscerle anche in se stessi.

  • Mindfulness e tecniche di respirazione: imparare a calmarsi nei momenti di rabbia o ansia.

Non servono grandi strumenti, ma costanza e attenzione quotidiana.

Gli strumenti per i docenti

Chi lavora a scuola può affidarsi a materiali semplici ed efficaci:

  • carte delle emozioni illustrate;

  • giochi cooperativi e attività di gruppo;

  • schede di autovalutazione emotiva (“Oggi mi sento… perché…”);

  • formazione specifica su gestione dei conflitti e comunicazione non violenta.

L’educazione emotiva non è psicologia applicata, né terapia: è educazione pura, al pari della matematica o della grammatica.

Un investimento per il futuro

Un bambino che sa nominare la propria rabbia, un adolescente che impara a chiedere aiuto, un ragazzo che sa mettersi nei panni dell’altro: ecco il vero successo formativo.
Non possiamo più considerare l’educazione emotiva come un lusso o un’aggiunta opzionale. È la base su cui costruire una scuola inclusiva, accogliente e davvero capace di preparare al futuro.

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Prof. Giuliana

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