Per farvi capire meglio, vi racconterò alcune situazioni emblematiche, ovviamente rielaborate per tutelare la riservatezza delle persone coinvolte.
👉 I biberon, ad esempio, venivano usati in quantità spropositata per non doverli lavare subito: se ne contavano ovunque, non risciacquati, con residui stagnanti che col tempo producevano odori insopportabili. Era diventata una prassi: usare e lasciare, accumulare e dimenticare.
👉 I cambi di pannolino avvenivano a intervalli troppo lunghi e le conseguenze di questo comportamento si vedevano chiaramente sulla pelle dei piccoli: arrossamenti, irritazioni, segni evidenti di disagio e trascuratezza.
👉 Anche l'alimentazione era completamente disorganizzata. Cibi adatti agli adulti venivano proposti ai bambini senza alcun criterio: bevande zuccherate, snack salati, avanzi improvvisati. Non c’era una regola, una routine, un pensiero educativo dietro ciò che veniva dato loro da mangiare.
👉 La convivenza con animali domestici, poi, aggiungeva complessità: peli ovunque, ciotole per terra alla portata dei bambini, lettiere trascurate. Spesso dovevo intervenire per evitare che i più piccoli toccassero o mettessero in bocca cose pericolose.
Potrei andare avanti ancora, ma preferisco darvi il tempo di digerire questi esempi.
Immaginate la frustrazione, il senso di impotenza, la fatica nel cercare di mantenere il controllo emotivo quando ogni visita portava alla luce un nuovo problema.
Ero spesso assalita dal dubbio: sto davvero facendo la differenza? O sarebbe più giusto affidare questi bambini a un ambiente più protetto?
La risposta, però, non spettava a me. I servizi sociali avevano deciso di investire in un percorso di supporto domiciliare, nella speranza che un intervento graduale potesse prevenire soluzioni drastiche.
Io, dentro di me, pensavo che lì ci sarebbe voluta una rivoluzione: demolire tutto e ripartire da zero. Ma non si può smontare una persona, la sua storia, le sue abitudini, come se fossero mobili vecchi.
Quella madre, con tutte le sue fragilità, era cresciuta in condizioni simili. Era il risultato di una catena che si ripeteva.
Ci sono stati giorni in cui ho pensato seriamente di mollare tutto. Non mi sentivo preparata, a volte neanche degna di mettere piede lì dentro. Ma poi pensavo a quei bambini. Se me ne fossi andata, sarei stata solo l’ennesima figura adulta che li aveva abbandonati.
Così, per non soccombere, iniziai un percorso di supporto psicologico personale. Avevo bisogno di strumenti emotivi e non solo professionali. Capii che dovevo agire con metodo: partire dai micro-problemi, affrontarli uno ad uno. Un biberon per volta. Un cambio pannolino alla volta. Un passo alla volta.
Per oggi mi fermo qui... ma vi racconterò ancora tanto altro.
Se volete proseguire insieme a me in questo racconto, che parte dal degrado ma ha tutta l'intenzione di evolversi, lasciate un commento o condividete.
Grazie di cuore per il vostro tempo. ❤️
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