Oggi vi racconto della "Casa degli orrori: un intervento disperato!"





Nota sulla privacy: al fine di tutelare la privacy della famiglia coinvolta, alcune informazioni sono state modificate e dettagli anonimi sono stati utilizzati in questa narrazione. La storia raccontata è reale, ma alcuni aspetti sono stati adattati per garantire la protezione della famiglia e delle persone coinvolte.

Oggi voglio raccontarvi una storia che mi ha segnata profondamente, un'esperienza professionale intensa, difficile, a tratti surreale. La definirei una vera immersione nell'abisso del disagio, ma anche una grande lezione di vita.

Era il 2022 e lavoravo come educatrice per una cooperativa della mia città. Un giorno mi fu proposto un incarico particolarmente delicato: un intervento domiciliare in una famiglia che viveva una condizione di forte fragilità. Non era solo un sostegno educativo per i figli, ma un aiuto più ampio, quasi un tentativo di rimettere insieme i pezzi di una quotidianità spezzata.

La famiglia era composta da due adulti e due bambini molto piccoli. Le ore settimanali erano poche, ma sapevo fin da subito che quel lavoro avrebbe richiesto molto più del tempo previsto. Nonostante la poca esperienza in contesti così critici, accettai: volevo fare la mia parte.

Al mio primo ingresso in casa, mi colpì un insieme di sensazioni difficili da spiegare. L’ambiente era piccolo, molto trascurato e visibilmente inadeguato alle esigenze di due bambini così piccoli. L’odore acre, il disordine diffuso, oggetti sporchi accatastati ovunque. Tutto trasmetteva una sensazione di soffocamento e trascuratezza.

Accolta da una delle figure adulte con una bambina in braccio, notai immediatamente come anche la cura personale dei piccoli fosse compromessa. I vestiti erano sporchi, il pannolino chiaramente da cambiare, la pelle della piccola arrossata. Cercai di mantenere la calma e un atteggiamento accogliente, ma dentro ero piena di domande e preoccupazioni.

Un episodio in particolare mi lasciò interdetta: anziché cambiare gli abiti bagnati della bambina, la madre tentò di "rimediare" con soluzioni improvvisate e inadeguate, come se non avesse gli strumenti per prendersene cura in modo diverso. Fu in quel momento che compresi davvero la portata del mio compito.

Durante quella prima visita, cercai di instaurare un dialogo. Mi fu raccontato che i servizi sociali avevano già fatto visita in passato, in seguito a una segnalazione. L’adulto cercava di minimizzare, attribuendo tutto a un "momento di confusione", ma era evidente che la situazione era cronica, e non transitoria.

Capii subito una cosa: il mio intervento non era solo educativo. Ero l’ultima possibilità concreta prima che qualcuno decidesse di allontanare quei bambini.

Per oggi mi fermo qui, ma nei prossimi giorni continuerò a raccontarvi, a puntate, quello che successe nei mesi successivi. Perché certe esperienze non si dimenticano. Mai! 

Se volete sapere come è  andata a finire, seguitemi nei prossimi giorni....💓 e, se vi va, lasciate un commento! Grazie.

Prof. Giuliana



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