Qualche giorno fa ha fatto notizia il gesto di uno studente che ha scelto di non sostenere l’esame di maturità, dichiarando che il metodo di valutazione imposto dalla scuola non rispecchia i suoi ideali. Un atto forte, simbolico, che ci porta a riflettere su quanto il sistema scolastico stia diventando sempre più competitivo e ansiogeno. Ma il dato più preoccupante è che questa pressione non riguarda solo gli adolescenti: ansia da prestazione e stress scolastico emergono già a partire dalla scuola primaria.
Una scuola che chiede troppo?
Nel tempo, la scuola è cambiata. Oggi si parla spesso di competenze, valutazioni, traguardi, test, performance. Un linguaggio che richiama più l’ambito aziendale che quello educativo. Non è un caso se molti alunni – anche i più piccoli – manifestano segnali di malessere:
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mal di pancia o mal di testa ricorrenti;
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difficoltà nel sonno;
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pianto prima di andare a scuola;
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crisi di panico in occasione di verifiche o interrogazioni.
Sono segnali da non sottovalutare: il corpo parla quando la mente è in difficoltà.
Le cause: tra aspettative, motivazione e pressione sociale
Dietro l’incremento dell’ansia scolastica si nascondono diversi fattori:
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Motivazione estrinseca vs motivazione intrinseca:Quando si studia solo per ottenere un voto, per evitare la punizione o per compiacere gli adulti, l'apprendimento perde senso. Al contrario, la motivazione intrinseca – lo studio per curiosità, interesse, desiderio di conoscere – protegge dal burnout e aumenta il benessere.
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Aspettative genitoriali e sociali:I bambini e i ragazzi oggi sono spesso sovraccaricati da aspettative esterne: devono eccellere, arrivare primi, prendere 10. Questo peso si traduce in paura di sbagliare e perfezionismo.
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Una scuola competitiva:Nonostante gli sforzi di molti docenti, la scuola tende ancora a premiare chi performa meglio, con confronti continui e un’eccessiva enfasi sulla valutazione numerica, invece che sulla crescita personale.
Cosa possiamo fare, come adulti educanti?
Educatori, insegnanti, genitori: tutti abbiamo un ruolo nel costruire contesti educativi più sereni, accoglienti e meno prestazionali.
Ecco alcune strategie:
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Valorizzare l’impegno più del risultato: lodare la costanza, la fatica, il processo e non solo il voto finale.
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Parlare di emozioni: aiutare i bambini a riconoscere, nominare e gestire le emozioni legate alla scuola (paura, frustrazione, rabbia, delusione).
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Rinforzare la motivazione intrinseca: proporre attività stimolanti, legate agli interessi reali degli alunni.
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Sdrammatizzare l’errore: far capire che sbagliare è parte dell’apprendimento e non è qualcosa di cui vergognarsi.
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Limitare i confronti tra alunni: ogni bambino ha i suoi tempi, e ogni percorso ha dignità e valore.
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Essere modelli positivi: mostrare equilibrio, non drammatizzare ogni verifica o voto, evitare frasi come “Se non prendi 10, niente tablet”.
Una scuola che educa, non che seleziona!
Il gesto dello studente che ha rifiutato l’esame ci interroga: vogliamo una scuola che seleziona o una scuola che educa?
Se vogliamo prevenire l’aumento dell’ansia scolastica, dobbiamo ripensare insieme il significato dell’apprendere, restituendo alla scuola il suo ruolo di luogo di crescita, e non solo di valutazione
E tu, cosa ne pensi?
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Prof Giuliana
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