"Genitori elicottero: così si crescono figli insicuri e dipendenti"



Vi racconto tre storie vere 

📞 La mamma chiama il Centro per l’Impiego

Stavo aspettando il mio turno per completare una pratica al Centro per l’Impiego, quando squilla il telefono sulla scrivania accanto alla mia. L’impiegato risponde in vivavoce. 

Dall’altra parte, una donna si presenta come la mamma di una ragazza appena diplomata.

Sta chiamando per conto della figlia, per chiederne l’iscrizione all'ufficio di collocamento e attivare la disponibilità al lavoro. Fissa lei l’appuntamento (un orario comodo anche per lei che doveva accompagnare la figlia), dà il codice fiscale, l’indirizzo email. Nel frattempo urla verso un’altra stanza per chiedere conferma alla figlia — che evidentemente non solo non stava partecipando alla telefonata, ma si era pure allontanata.

Io e l’impiegata ci guardiamo. Ci scappa un sorriso amaro. A 18 anni, ancora tutto in mano alla mamma?

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🚌 Il ragazzo sull’autobus

Ogni mattina, prendevo lo stesso autobus per andare a lavoro. Con me, saliva spesso un ragazzo universitario, sempre accompagnato dal padre.

Il padre era un ex autista e ogni giorno parlava con l’autista in servizio: “Mi raccomando, lo lasci alla fermata giusta... una volta ha sbagliato e ha dovuto camminare 15 minuti!”. Poi si girava verso il figlio per spiegargli, ancora una volta, dove scendere, dove riprendere l’autobus per tornare. Ma il ragazzo non lo ascoltava neanche: cuffiette alle orecchie, occhi sul telefono.

Non aveva bisogno di prestare attenzione: papà aveva già fatto tutto. E quando arrivava la fermata giusta, doveva essere l’autista a ricordarglielo.

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D. e il volo verso l’autonomia

D, , a 19 anni, si è iscritta all’università a Siena. Ha prenotato il volo da sola, si è cercata casa da sola, ha preparato le valigie e si è trasferita, con tutte le paure del caso.

I primi tempi non sono stati facili. Spesso piangeva. Era sola, in una città nuova, a dover affrontare tutto. Ma passo dopo passo, si è organizzata. Ha imparato a cavarsela. E oggi è una donna indipendente, forte, consapevole delle sue capacità.

Notate la differenza?

Nelle prime due storie, i genitori hanno preso in mano ogni situazione, spingendo i figli sullo sfondo.
Nella terza, c’è stato un passo indietro da parte dell’adulto e un passo avanti da parte della figlia, che ha affrontato difficoltà reali.
Con fatica, ma con una direzione: l'autonomia e l'indipendenza.


Chi è il genitore elicottero?

Negli ultimi anni si è diffusa una definizione piuttosto calzante per descrivere un certo tipo di figura genitoriale: il genitore elicottero.
Il termine nasce negli Stati Uniti già negli anni Ottanta, ma si è affermato anche in Italia per descrivere quei genitori che, come un elicottero, sorvolano costantemente sopra la testa dei figli, pronti a intervenire in ogni situazione, spesso prima ancora che ce ne sia davvero bisogno.

Sono genitori iperprotettivi, ipercontrollanti, onnipresenti.

Prenotano visite, chiamano per conto dei figli, parlano con professori, allenatori, datori di lavoro. Non lasciano che i figli sperimentino errori, disagi o imprevisti. Credono di fare il loro bene. Ma in realtà, stanno ostacolando il loro sviluppo.

Anche i Simpson hanno satirizzato questo fenomeno nell’episodio “Bart’s Inner Child” (stagione 5, episodio 16 👈 per chi volesse vederne un estratto), in cui Homer diventa un genitore elicottero, cercando di proteggere Bart da ogni difficoltà. La situazione, esagerata e comica, mostra però una verità importante: proteggere troppo un figlio significa spesso impedirgli di crescere davvero.

Cosa accade quando un genitore fa tutto al posto del figlio?

🔍 La risposta ce la danno pedagogisti, psicologi e studi sempre più numerosi.
Il modello del genitore elicottero — ben noto anche in letteratura scientifica — è associato a conseguenze negative sullo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale del ragazzo.

Ecco cosa può accadere:

  • Mancanza di autonomia: il ragazzo non sviluppa competenze pratiche di gestione della vita quotidiana.

  • Bassa tolleranza alla frustrazione: ogni ostacolo viene percepito come catastrofico.

  • Scarsa fiducia in sé stessi: i figli si convincono di non essere in grado di affrontare le cose da soli.

  • Dipendenza funzionale: attendono che qualcun altro pensi per loro, scelga per loro, agisca per loro.

Secondo studi sulla genitorialità elicottero (Unobravo, State of Mind, Onesession), questi figli sono più esposti a:

  • ansia,

  • insicurezza,

  • blocchi decisionali,

  • difficoltà relazionali,

  • e perfino depressione.

Come sottolinea la psicoterapeuta Rossella Fumia, l’iperprotezione può diventare una forma di maltrattamento educativo, perché impedisce lo sviluppo dell’identità e dell’autoefficacia personale.

Ma allora, che cosa può (e deve) fare un genitore?

Un genitore può:

  • Guidare senza sostituirsi.

  • Restare presente, ma non invadente.

  • Lasciare spazio alla fatica, alla confusione, all’errore.

💡 Educare non significa preparare la strada ai figli, ma preparare i figli ad affrontare la strada.

Anche sbagliando fermata. Anche perdendosi una volta. Anche facendo una telefonata tremante o un colloquio con troppa ansia.
Ogni occasione lasciata ai figli è un mattoncino in più nella costruzione della loro autonomia e fiducia.

Conclusione – Lasciamoli diventare grandi, davvero

Fare tutto al posto dei figli può sembrare un gesto d’amore. Ma a lungo termine li rende incapaci, dipendenti, fragili.
E il giorno in cui il genitore non ci sarà… chi deciderà per loro?
...allora:

Lasciamoli fare la telefonata.
Lasciamoli sbagliare fermata.
Lasciamoli vivere la fatica della libertà.

Se non glielo permettiamo ora, a 18 o 20 anni, lo dovranno fare a 30. Ma con molta più paura.
Non priviamoli della possibilità di diventare adulti capaci.


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Scrivimi nei commenti cosa ne pensi: conosci genitori elicottero? Oppure hai vissuto esperienze simili alle storie raccontate?
Condividiamo insieme idee e strategie per crescere figli autonomi e consapevoli. Ti aspetto! Grazie ❤

Prof. Giuliana

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