5 domande (più 1) da NON fare mai ad un ASACOM...se non vuoi farlo arrabbiare! (post ironico)

 



Essere ASACOM significa lavorare per l’inclusione, con competenza e professionalità. 

Ma spesso, chi fa questo mestiere, si sente rivolgere alcune domande... poco informate o fuori luogo, di gente che non ha la minima idea di cosa significhi essere un ASACOM!
Ecco un elenco (ironico ma realistico) delle domande che un ASACOM non vorrebbe più sentire(L’ultima domanda ti farà arrabbiare sul serio!)

1. "Ma porti in bagno e fai mangiare i bambini?"

❌ No.  Il mio ruolo non è quello di un collaboratore scolastico, né di un’assistente alla persona.
👉 Lavoro sull'autonomia, sulla comunicazione, sulla relazione. È un supporto educativo, non logistico.

2. "Allora se lavori a scuola guadagni tanto?"

❌ Magari! Il compenso di un ASACOM è spesso orario, precario e gestito da enti esterni.
👉 Fare inclusione dovrebbe valere di più, anche economicamente.

3. "Ma se c’è già l’insegnante di sostegno, tu a che servi?"

❌ Ecco la domanda da un milione di... pregiudizi. Insegnante di sostegno e ASACOM hanno competenze diverse.
👉 Io non insegno, accompagno il bambino nel suo percorso di crescita personale, comunicativa e relazionale.

4. "Allora fai fare i compitini ai bambini?"

❌ No. Il mio ruolo non è didattico.
👉 Non correggo esercizi, non spiego la lezione. Lavoro sulle abilità trasversali, sull’autonomia nei contesti, sulla comunicazione aumentativa, quando serve.

5. "Quindi cosa fai veramente?"

❌ Eh…faccio inclusione! Creo ponti tra il bambino e il mondo che lo circonda.
👉 Osservo, ascolto, adatto, sostengo. E tutto questo spesso in silenzio, senza riflettori.

BONUS 6. "Comunque basta essere portati per fare il tuo lavoro, no?"

Ecco la classica frase che cancella anni di studio e competenze in un colpo solo.

 ❌ No , non basta “essere portati”.
👉 Serve una formazione specifica, conoscenze sullo sviluppo, tecniche di comunicazione aumentativa, lavoro d’équipe, osservazione educativa.

Essere empatici è un punto di partenza, non un titolo professionale.

Morale della favola:

L’ASACOM non è un aiutante generico, non è un tappabuchi, non è un volontario.
È un professionista dell’inclusione che merita di essere conosciuto e riconosciuto.

Ma diciamolo chiaramente:
La responsabilità di certe domande non è delle persone, ma di un sistema che non ha ancora definito con chiarezza il ruolo dell’ASACOM, generando confusione, disinformazione e disorientamento tra famiglie, docenti e operatori stessi.

E tu? Ci sono altre domande come queste che ti sono state rivolte e che ti hanno fatto arrabbiare o sorridere con amarezza?

Raccontamelo nei commenti: dare voce a queste esperienze è un modo per far conoscere meglio (e rispettare di più) il lavoro degli ASACOM.

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Grazie ❤

Prof. Giuliana


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