I nostri figli non sanno più aspettare: quali abilità stanno perdendo?


In questi giorni sono in vacanza con la mia famiglia. Tra il viaggio, le uscite per visitare posti vicini, le attese al ristorante o in coda per salire su una giostra, mi sono trovata più volte ad affrontare l’impazienza dei miei figli.

“Quanto manca?”, “Ma è ancora lontano?”, “Quando arriva il nostro turno?” sono solo alcune delle domande che si ripetono continuamente, come un sottofondo costante.

Questa esperienza mi ha fatto riflettere: perché oggi i bambini faticano così tanto ad aspettare? E, soprattutto, cosa possiamo fare noi adulti per aiutarli a vivere meglio il tempo dell’attesa?


Perché oggi i bambini faticano ad aspettare?

Viviamo in una società della gratificazione immediata. Con un semplice clic possiamo ordinare una pizza, guardare un film, ricevere un pacco il giorno dopo. Anche i bambini crescono immersi in questa cultura del “tutto e subito”, dove l’attesa è percepita come un ostacolo, non come un processo naturale.

Secondo lo psicologo statunitense Daniel Goleman, l’autocontrollo – ovvero la capacità di resistere all’impulso immediato – è una componente fondamentale dell’intelligenza emotiva. Ma non si sviluppa per caso: ha bisogno di esperienze, di tempo, di adulti che non corrano a riempire ogni vuoto.

Anche il pedagogista italiano Franco Frabboni ci ricorda che “educare è imparare a convivere con il tempo”, perché la crescita non può essere istantanea. L’infanzia ha bisogno di lentezza, di noia, di rituali, di momenti non produttivi.

Quali abilità mancano ai bambini che non sanno aspettare?

Dietro alla difficoltà di attendere si nasconde spesso un insieme di abilità non ancora sviluppate:

  • Autoregolazione: la capacità di modulare pensieri, emozioni e comportamenti. È una competenza fondamentale che si costruisce nel tempo, soprattutto attraverso il gioco e le relazioni significative.

  • Autocontrollo: saper resistere alla tentazione, saper rimandare la gratificazione. Il celebre esperimento del marshmallow di Walter Mischel dimostrava che i bambini che riuscivano a resistere più a lungo sviluppavano in futuro migliori competenze scolastiche e sociali.

  • Tolleranza alla frustrazione: imparare che non tutto accade subito, e che l’attesa non è una punizione, ma un’esperienza da attraversare.  

Tutte queste competenze sono educabili, ma non attraverso premi o punizioni: servono contesti che le mettano in gioco, adulti che fungano da modello, spazi che non siano sempre iper-stimolanti.

Come allenare l’attesa nei bambini?
Ecco alcune strategie quotidiane che possiamo adottare a casa o a scuola per aiutare i bambini a “fare pace” con il tempo:

  • Il gioco simbolico e il gioco di ruolo: attività in cui si aspetta il proprio turno, si finge di essere in una situazione reale dove l’attesa è parte del contesto (il medico, il panettiere, ecc.).
  • Routine quotidiane: sapere cosa accadrà dopo aiuta a tollerare l’attesa. Le routine non sono gabbie, ma cornici di sicurezza.
  • La narrazione: leggere o ascoltare storie educa all’ascolto, al tempo lento della trama, all’immaginazione che ha bisogno di sedimentare.
  • I rituali: accendere una candela prima di cena, aspettare il sabato per un cartone speciale, preparare insieme l’arrivo di un compleanno. Il tempo, così, diventa attesa felice.
  • Nomina e verbalizza: “So che è difficile aspettare, ma possiamo farlo insieme. Cosa possiamo fare nel frattempo?”
Conclusione: l’attesa è un dono educativo

Allenare l’attesa non significa solo “insegnare a stare buoni”, ma dare ai bambini strumenti per affrontare la vita. Crescere è anche imparare che non tutto arriva subito, che la noia può essere creativa, che le emozioni vanno regolate, non negate.

Come adulti, possiamo scegliere: cedere alla pressione del “tutto e subito” oppure diventare custodi di un’educazione più lenta, paziente,profonda.


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Prof. Giuliana

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