Asacom: il diritto all’inclusione non può essere ridotto





A Caltanissetta l’anno scolastico è iniziato nel peggiore dei modi per molti bambini e ragazzi con grave disabilità. Le famiglie hanno ricevuto la comunicazione che le ore degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (Asacom) sarebbero state ridotte.
Un genitore denuncia: «Mio figlio aveva 15 ore previste dal PEI, ma il Comune ne ha concesse solo 5. Siamo costretti a rivolgerci a un avvocato per far valere un diritto sancito dalla legge».

Non si tratta di un problema secondario: qui si mette in discussione il diritto allo studio, alla dignità e all'inclusione.

Chi sono gli Asacom e cosa fanno davvero

Spesso questa figura non è conosciuta da tutti, ma nelle scuole è essenziale.
L’Asacom non “aiuta” genericamente:

  • sostiene la comunicazione, soprattutto per chi utilizza linguaggi alternativi o ausili specifici;

  • favorisce l’autonomia del bambino o del ragazzo nei gesti quotidiani e nelle attività scolastiche;

  • è un ponte tra l’alunno, i compagni e i docenti, rendendo davvero possibile la partecipazione alla vita della classe;

  • diventa spesso un punto di riferimento stabile, tanto quanto il docente di sostegno, perché lavora sul piano della relazione continua e della quotidianità.

Ridurre le ore dell'Asacom significa quindi togliere all'alunno uno strumento fondamentale per vivere la scuola, e non semplicemente una “presenza in più”.

Questa riduzione non è quindi una scelta neutra, ma un atto che ha conseguenze concrete: bambini meno autonomi, famiglie lasciate sole, disuguaglianze che aumentano.

Una questione di giustizia sociale

Tagliare sull'inclusione significa scaricare i costi sui più fragili. Le famiglie ora saranno costrette a spendere energie e denaro solo per ottenere ciò che spetta loro di diritto.
È inaccettabile che nel 2025 ancora si debba lottare per il riconoscimento di diritti già sanciti dalla legge.

La scuola pubblica non può diventare un lusso a misura di bilancio. La scuola deve restare il luogo in cui ogni bambino ha diritto di crescere, indipendentemente dalle proprie condizioni.

Una riflessione necessaria

Scrivo queste righe non solo come docente di sostegno, ma come persona che conosce bene la realtà degli Asacom. Lo sono stata anche io, Asacom per sei anni della mia vita. So cosa significa lavorare fianco a fianco con un alunno con disabilità, diventare la sua voce, il suo tramite con il mondo, il suo punto di riferimento quotidiano.

Non è un lavoro che si esaurisce nelle ore di presenza: è una relazione che si costruisce giorno dopo giorno, fatta di fiducia, di piccoli progressi, di supporto costante. Per tanti bambini, l'Asacom rappresenta sicurezza, continuità, stabilità.

Ecco perché so bene che ridurre queste ore non significa solo “fare dei tagli”, ma spezzare un legame educativo fondamentale, con conseguenze che lasceranno un segno non solo sugli alunni, ma anche sulle loro famiglie.
Chi lavora nella scuola sa bene che senza Asacom e docenti di sostegno l’inclusione resta solo una parola vuota. Dietro ogni ora tolta c’è un bambino che non potrà comunicare, un ragazzo che non potrà socializzare, una famiglia che si sentirà isolata.

E allora la domanda sorge spontanea: che senso ha una scuola che esclude proprio chi ha più bisogno?

Ridurre le ore degli Asacom significa tradire la missione della scuola e della comunità educante. Significa rassegnarsi a una società dove i più fragili sono lasciati indietro.

E questo, davvero, non possiamo accettarlo.


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Prof. Giuliana

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