Succede in moltissime case, quasi ogni pomeriggio.
Li chiami per fare i compiti, arrivano sbuffando, si siedono davanti al quaderno… e dopo pochi minuti parte la frase che conosciamo bene:
“Ma io non so cosa devo fare.”
A volte non hanno segnato i compiti sul diario.
A volte non ricordano cosa hanno fatto in classe.
Altre volte sembrano completamente disorientati, come se la scuola fosse terminata lì, sulla soglia dell’aula.
E allora scatta il nervosismo:
“Possibile che non ti ricordi niente?”
“Te l’ho detto mille volte di segnare i compiti!”
Ma fermiamoci un attimo.
Questa difficoltà non nasce quasi mai da svogliatezza o da cattiva volontà. Nella maggior parte dei casi, è il segnale che l’autonomia non è ancora stata costruita, ma solo richiesta.
L’autonomia non è innata: si impara
Spesso pensiamo che, a una certa età, i bambini “dovrebbero” sapersi organizzare da soli. In realtà, nessuno nasce sapendo:
Queste sono competenze, non caratteristiche del carattere.
E come tutte le competenze, hanno bisogno di essere insegnate, allenate e accompagnate.
Quando un bambino si siede e dice di non sapere cosa fare, molto spesso non sta dicendo “non ho voglia”, ma:
“Non so da dove cominciare e ho paura di sbagliare.”
Perché fanno così tanta fatica a casa?
A scuola i tempi sono scanditi, le consegne guidate, l’adulto è sempre presente.
A casa, invece, chiediamo loro di:
-
ricordare,
-
scegliere,
-
organizzare,
-
lavorare in autonomia,
tutto insieme.
È un salto enorme, soprattutto per i più piccoli.
Se poi sono abituati ad avere sempre l’adulto accanto pronto a ricordare, spiegare, correggere, è naturale che senza quella guida si sentano smarriti.
Da dove partire per renderli davvero autonomi
La prima cosa importante è chiarire un concetto:
autonomia non vuol dire lasciarli soli, ma esserci in modo diverso.
Insegnare a organizzarsi
All’inizio è fondamentale fare le cose insieme.
Non per sempre, ma finché non acquisiscono una struttura mentale.
Potete:
-
guardare il diario insieme e ricostruire cosa c’è da fare;
-
scrivere un elenco dei compiti, anche su un foglio a parte;
-
decidere l’ordine: “Da quale materia vuoi cominciare?”
Col tempo, questo passaggio diventerà sempre più loro.
Il diario: da obbligo a strumento
Per molti bambini il diario è solo un oggetto da riempire in fretta.
Aiutiamoli a capirne il senso: è la loro memoria esterna.
All’inizio controllarlo insieme non è “fare al posto loro”, è insegnare.
Poi, piano piano, il controllo si allenta.
Routine chiare, non rigide
Sapere quando si fanno i compiti dà sicurezza.
Un orario prevedibile, un posto tranquillo, il materiale pronto prima di iniziare: tutto questo riduce il carico mentale.
Quando la routine è chiara, il cervello smette di chiedersi “quando? dove?” e può concentrarsi sul “come”.
Fiducia, anche quando sbagliano
Qui arriva la parte più difficile per noi adulti.
Lasciare che sbaglino.
Fare i compiti storti, incompleti, con errori, fa parte del processo.
Se interveniamo sempre per correggere, sistemare, migliorare, il messaggio che arriva è:
“Da solo non sei capace.”
Molto meglio dire:
-
“Hai fatto tutto quello che ricordavi?”
-
“Secondo te manca qualcosa?”
-
“Com’è andata oggi rispetto a ieri?”
Il focus deve spostarsi dall'errore alla presa di responsabilità.
Un clima emotivo fa la differenza
I compiti non sono solo un esercizio cognitivo, ma anche emotivo.
Se diventano ogni giorno un campo di battaglia, il bambino assocerà lo studio a tensione, frustrazione e insuccesso.
Abbassare i toni, scegliere parole che guidano invece di accusare, riconoscere i piccoli progressi cambia radicalmente l’esperienza.
In conclusione
Rendere autonomi i figli nei compiti è un percorso, non un interruttore da accendere.
Richiede tempo, pazienza e anche qualche passo indietro da parte nostra.
Ma ogni volta che scegliamo di insegnare invece di sostituirci, stiamo costruendo qualcosa di molto più importante del compito fatto bene:
stiamo costruendo fiducia, competenza e autonomia.
E un giorno, quel “Non so cosa devo fare” lascerà spazio a un semplice, prezioso:
“Ho controllato il diario. Ora posso iniziare.”
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