Da ASACOM a insegnante di sostegno: perché ho scelto di cambiare!






Per anni ho svolto il lavoro di ASACOM con passione, dedizione e convinzione.
Pensavo davvero che sarebbe stato il mio lavoro per la vita.
Mi piaceva il ruolo, l’ambiente scolastico, il contatto con i ragazzi.
Ogni anno portava nuove sfide, nuovi obiettivi, e io mi sentivo motivata a dare sempre il meglio.

Se non fosse che…
Col tempo ho cominciato a fare i conti con una realtà difficile da ignorare.

La figura dell’ASACOM è spesso gestita da cooperative, almeno nella mia esperienza nelle scuole superiori, dove il servizio era sotto la provincia.
Avevo un contratto di 18 ore settimanali. Ma il mio stipendio non era mai certo.
Perché?
Perché era legato alla presenza dell’alunno. Se lui o lei si assentava, io perdevo la giornata lavorativa.
E dal quarto giorno di assenza consecutiva… non venivo neppure retribuita.
A fine mese potevo ritrovarmi con poche centinaia di euro.

E questo per una persona che ha una famiglia da mantenere è devastante.

L’ultimo anno, ad esempio, seguivo una ragazza che si assentava continuamente.
Una situazione aggravata dall’indifferenza della sua famiglia.
Ed è davvero frustrante sapere che il tuo stipendio dipende dalla presenza in classe di una studentessa che non ha alcun interesse a venire a scuola.

La cooperativa provava a venirci incontro, offrendoci qualche ora in sostituzione di colleghe assenti… ma era una toppa, non una soluzione.

E in tutto questo, mancavano anche i diritti minimi:
nessun congedo, nessun permesso, e se ti ammalavi, diventavi un problema per l’organizzazione.
Assurdo.

E come se non bastasse, spesso la tua figura viene percepita come marginale, quasi inutile e, a volte, d’intralcio.

Così ho deciso di rimettermi in gioco.
Sono tornata a studiare. Ho investito tempo, energie e denaro per costruirmi un futuro diverso.

E ce l’ho fatta.

Quando ho ricevuto la prima supplenza come insegnante di sostegno, ero felicissima.
Sapevo che la scuola non è perfetta, che esiste una corsa ai punteggi, ai titoli…
Ma ho toccato con mano la differenza tra lavorare per il pubblico e lavorare nel privato.

Finalmente il mio lavoro è:

  • riconosciuto

  • tutelato

  • retribuito in modo dignitoso

  • compatibile con la vita familiare

E questo non è essere venali.
È essere realisti.

Perché sì, è bello lavorare con passione.
Ma la vita è cara.
E un lavoro che ami, se non ti garantisce una vita dignitosa, col tempo rischia di logorarti.

Oggi sono un’insegnante di sostegno soddisfatta.
Faccio un lavoro meraviglioso. E finalmente sento che il mio lavoro è veramente riconosciuto!

Ti è mai capitato di non sentirti gratificato nel tuo lavoro?

Raccontamelo nei commenti.

Hai mai pensato di lavorare nel mondo della scuola come docente di sostegno?
Posso aiutarti a capire come fare.
E se stai studiando per il TFA sostegno, posso offrirti supporto e lezioni private per affrontarlo al meglio. 💪
Scrivimi a giuliana.form@gmail.com o su Instagram 👈 Grazie ❤

Prof. Giuliana

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