Un Sistema che non cura, ma contiene!
Questa mattina, appena arrivata a scuola, una collega mi informa che quella ragazza non sta bene, e che vuole tornare in comunità. Mi precipito a capire cosa sia successo. Scopro che da qualche giorno in comunità le stanno somministrando dei calmanti, probabilmente per gestire i suoi comportamenti oppositivi.
Mi ha raccontato che un medico le aveva prescritto dei farmaci, dicendole che se si fosse comportata meglio, forse glieli avrebbero tolti. Mi ha detto che non si sentiva più lei stessa. Era triste e impaurita. E io, in quel momento, ero impotente.
Ho cercato di rassicurarla. Le ho detto che il suo corpo, col tempo, si sarebbe abituato.
Poi, più tardi in mattinata, è arrivato un educatore per riaccompagnarla al centro.
Ho colto l’occasione per parlargli e mi ha rassicurato sul fatto che la prescrizione fosse stata fatta da un medico, ma non ha saputo dirmi nulla sul dosaggio, ovviamente non era il suo ruolo. Gli ho chiesto se almeno preparassero i ragazzi a ciò che avrebbero potuto provare, e mi ha detto che ne avrebbero parlato con lo psicologo.
Ce l’ho con un sistema che non finanzia adeguatamente queste realtà. Che non mette a disposizione personale sufficiente: educatori, psicologi, operatori. Ce l’ho con un sistema che lascia scoperti questi ruoli fondamentali non solo nelle comunità, ma anche nelle RSA, negli ospedali, nelle scuole.
Non si investe nella formazione, nell'istruzione, nella sanità. Non si investe nel futuro!
Così ci ritroviamo con comunità che straripano di ragazzi e ragazze segnati da un passato difficile, spesso orribile. Ragazzi abbandonati da genitori, parenti, famiglie inesistenti o problematiche. Ragazzi che, in teoria, in comunità dovrebbero trovare un rifugio, una seconda possibilità, un posto dove affrontare i propri mostri interiori e costruirsi un futuro.
Invece, cosa succede?
Succede che non ci sono abbastanza risorse!
Questi ragazzi arrivano in comunità dopo storie familiari tragiche: abbandoni, violenze, traumi profondi. In teoria, lì dovrebbero trovare un rifugio, una seconda possibilità, un luogo sicuro dove elaborare il passato e costruire il futuro. Ma cosa succede davvero?
Accuso il sistema.
Quel sistema che non lascia alternative. Che costringe educatori, medici e psicologi a lavorare in condizioni estreme, con carichi di lavoro disumani e strumenti insufficienti. Quel sistema che spinge verso la scorciatoia, non perché manchi la volontà di curare, ma perché mancano i mezzi per farlo davvero.
Prof. Giuliana
🛡️ Nota: alcuni dettagli sono stati modificati o resi volutamente vaghi per proteggere la privacy dei minori coinvolti e rispettare la riservatezza del contesto scolastico ed educativo. Lo scopo di questo racconto è esclusivamente riflessivo e sociale, non accusatorio verso singoli individui o strutture specifiche.
Commenti
Posta un commento