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Visualizzazione dei post da maggio, 2025

L'insegnante di sostegno: storia, evoluzione e ruolo nella scuola inclusiva

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  L'inclusione scolastica è uno dei pilastri della scuola contemporanea. Parlare dell'insegnante di sostegno significa raccontare un percorso di trasformazione culturale, educativa e sociale che ha portato a riconoscere ogni alunno come portatore di diritti, potenzialità e dignità. Questa figura professionale, oggi più che mai centrale, nasce da una lunga storia di lotte, conquiste legislative e cambiamenti di paradigma. Ma chi è l’insegnante di sostegno? Com'è nato questo ruolo e come si è evoluto nel tempo? 1. Le origini: dall'emarginazione all'inizio del cambiamento Fino agli anni '60 e '70, in Italia l’educazione degli alunni con disabilità era affidata a istituti speciali o a classi differenziali. Si trattava di percorsi scolastici separati, spesso stigmatizzanti, che non favorivano l’inclusione né il riconoscimento del diritto all'istruzione per tutti. Le "classi speciali" rappresentavano un modello segregante: i bambini con disabilità...

TFA Sostegno: cos’è, a cosa serve e come si svolge

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  Il TFA Sostegno, acronimo di Tirocinio Formativo Attivo per il sostegno, è un percorso universitario di specializzazione, fondamentale per chi desidera lavorare come insegnante di sostegno nella scuola italiana. In questo post ti spiego in modo semplice e chiaro a cosa serve, come si articola e cosa aspettarsi dal percorso. Cos’è il TFA Sostegno Il TFA Sostegno è un corso di specializzazione istituito dal MIUR (ora MIM) per formare docenti in grado di supportare alunni con disabilità o bisogni educativi speciali (BES). Al termine del percorso, si ottiene il titolo necessario per partecipare ai concorsi o accedere alle graduatorie per insegnare come docente di sostegno. A cosa serve il TFA Sostegno Il percorso ha l’obiettivo di fornire: Competenze pedagogiche, psicologiche e didattiche per lavorare in contesti inclusivi; Strumenti per l’elaborazione di PEI (Piani Educativi Individualizzati); Capacità di collaborare in team con colleghi, famiglie e operatori sanitari;...

Oggi vi racconto della "Casa degli orrori: tra bugie, speranze e nuovi inizi" (parte 3)

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                                          Per chi si fosse perso la prima e la seconda parte vi lascio qui di seguito i link:   la casa degli orrori: un intervento disperato!  e la casa degli orrori: restare quando invece vorresti scappare.                                                  Nota sulla privacy: a l fine di tutelare la privacy della famiglia coinvolta, alcune informazioni sono state modificate e dettagli anonimi sono stati utilizzati in questa narrazione. La storia raccontata è reale, ma alcuni aspetti sono stati adattati per garantire la protezione della famiglia e delle persone coinvolte. Nei mesi successivi, in stretta collaborazione con gli assistenti sociali, cominciammo a occuparci di tutto ciò che lei da sola non riusciva o non vol...

16 metodologie didattiche innovative per una scuola attiva, inclusiva e coinvolgente

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In un mondo in continua evoluzione, anche la scuola deve cambiare. Non basta più trasmettere contenuti: è necessario accompagnare gli studenti a sviluppare competenze, pensiero critico, capacità relazionali ed emotive.  Le metodologie didattiche innovative rispondono a questa sfida, offrendo strumenti concreti per rendere l'apprendimento più attivo, collaborativo e significativo. In questo post esploriamo 16 approcci che possono trasformare la quotidianità scolastica in un laboratorio dinamico di crescita. 1. Cooperative learning: è un metodo in cui gli alunni lavorano in piccoli gruppi per attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati acquisiti. L'apprendimento cooperativo porta gli alunni ad ottenere diversi risultati come l'imparare l'uno dall'altro, descrivere e sintetizzare oralmente il proprio punto di vista, prendere consapevolezza delle proprie idee, produrre un pensiero più "alto", provare orgoglio intellettuale per il ris...

Educare alla responsabilità emotiva

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Oggi voglio raccontarvi un piccolo episodio capitato ieri sera. Mio figlio di 4 anni, in un momento di rabbia verso il fratello maggiore, ha dato un calcio al barattolo dei pennarelli. Lo aveva messo a terra mentre decorava con entusiasmo una pista per macchinine fatta di cartone. Un gesto impulsivo, carico di frustrazione. I pennarelli sono volati ovunque. Lo abbiamo rimproverato, con calma ma con fermezza, e gli abbiamo chiesto di raccogliere tutto. La sua risposta è stata un secco "No". Anzi, ha rincarato la dose: "Li raccogli tu!" Ovviamente ho mantenuto la linea: "Li hai fatti cadere tu, quindi li raccogli tu. Se vuoi, però,  puoi chiedere aiuto." Lui fissava quel caos, in lacrime. Lui che non ama il disordine, ora ne era il responsabile. Si trovava in un turbinio di emozioni: rabbia, senso di colpa, orgoglio e disagio. Tutto insieme. Alla fine ha raccolto tutto, a modo suo, con lentezza, ancora in lacrime. Ma l'ha fatto! Ecco, in quel momento ho ...

Metodo di studio: la chiave per imparare meglio e con meno fatica

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Quante volte capita di sentire uno studente dire: "L’ho studiato tutto, ma non mi ricordo niente!" Oppure, quante volte, dopo aver ascoltato un alunno ripetere perfettamente un argomento, alla domanda "Ma cosa significa davvero?" sentire calare il silenzio? Queste frasi raccontano una realtà comune: studiare a memoria senza capire . Un'abitudine diffusa, spesso frutto dell'urgenza di portare a casa un voto, più che della voglia (o possibilità) di apprendere davvero. Ma studiare a memoria è davvero studiare? Ripetere parola per parola un testo, senza afferrarne il senso, può dare l'illusione di sapere. Ma è una conoscenza fragile, che svanisce in fretta e non lascia strumenti utili per affrontare nuove sfide. Studiare non dovrebbe essere una corsa contro il tempo, ma un processo per fare proprio un argomento, comprenderlo, saperlo rielaborare e usare. Cos'è un buon metodo di studio? Un buon metodo di studio è quello che aiuta lo studente a: C...

Quando non si riconosce più la gentilezza

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  Qualche tempo fa, in un post del mio blog, vi avevo parlato di una ragazza che frequenta la mia scuola e che vive in comunità. (Per chi se lo fosse perso vi lascio qui il link 👈)  La sua storia mi aveva colpita profondamente e continua a farmi riflettere ancora oggi. Torno a parlarne, perché il suo modo di stare al mondo racconta qualcosa di importante, di universale. Racconta cosa succede quando la vita ti insegna fin da piccolo che non puoi fidarti di nessuno. Quando chi avrebbe dovuto proteggerti ti ha invece ferito. E soprattutto racconta quanto possa essere difficile, dopo tante batoste, riconoscere e accettare la gentilezza. Da piccola è stata maltrattata da chi avrebbe dovuto proteggerla: genitori, parenti, adulti che avrebbero dovuto essere un rifugio sicuro si sono rivelati invece fonte di dolore e paura. Oggi, quella bambina è diventata un’adolescente che ha imparato a sopravvivere. Ma a caro prezzo. Non si fida di nessuno. Non vuole essere toccata, come se ogni...

Il tempo con i figli: quantità o qualità?

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Essere genitori oggi è un equilibrio continuo tra presenza e assenza, dedizione e fatica, amore e senso di colpa . Quante volte ci siamo ritrovati a rinunciare a una passeggiata, a un aperitivo con le amiche, a un momento solo per noi, mossi dal pensiero che "dovremmo essere con i nostri figli"? Eppure, siamo davvero sicuri che basti “esserci” fisicamente per dare loro ciò di cui hanno bisogno? Il mito della genitorialità totale La società ci propone spesso un’idea di genitorialità totalizzante: genitori sempre presenti, sempre disponibili, sempre sorridenti. Ma la realtà è un’altra. I genitori sono esseri umani , con desideri, stanchezze, emozioni e bisogni. Diventare madre o padre non significa annullarsi, ma trasformarsi. E come ogni trasformazione, richiede consapevolezza e cura. Meglio meno tempo, ma davvero insieme Ciò che davvero lascia traccia nei ricordi dei bambini non è la quantità di tempo trascorso con i genitori, ma la qualità di quello stare insieme . Un’ora in...

Autostima, autoefficacia e autodeterminazione: tre pilastri per la crescita personale

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Nel percorso di crescita di ogni individuo, che sia uno studente, un insegnante o un adulto in evoluzione, ci sono tre parole chiave che si intrecciano e si rafforzano a vicenda: autostima , autoefficacia e autodeterminazione . Comprenderne il significato e le connessioni può aiutarci a promuovere uno sviluppo più consapevole, motivato e resiliente. 1. Autostima: il valore che ci diamo L’autostima è la percezione che abbiamo di noi stessi: quanto ci sentiamo degni, capaci, meritevoli . È la base su cui si costruiscono molte delle nostre scelte e reazioni. Una buona autostima ci permette di affrontare le sfide con fiducia e apertura, senza il timore costante del giudizio. 2. Autoefficacia: il potere di sentirsi capaci Concetto introdotto da Albert Bandura, l' a utoefficacia è la convinzione di essere in grado di affrontare compiti specifici e raggiungere obiettivi. È più situazionale rispetto all'autostima, ma altrettanto fondamentale. Sentirsi efficaci alimenta la motivaz...

D.O.P. (disturbo oppositivo provocatorio) e Disturbo della Condotta: facciamo chiarezza

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Nel mondo scolastico ed educativo capita spesso di imbattersi in bambini o ragazzi che manifestano comportamenti oppositivi, provocatori o apertamente aggressivi. In questi casi, può nascere confusione tra due disturbi che, pur avendo alcuni elementi in comune, sono ben distinti: il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) e il Disturbo della Condotta (DC) . Ma quali sono le differenze ? Quando si può parlare di un quadro "oppositivo" e quando invece si entra nel campo di una vera e propria violazione delle regole sociali ? Proviamo a fare chiarezza. Cos'è il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP)? Il DOP si manifesta solitamente prima dei 10 anni e si caratterizza per un pattern di comportamenti ostili, provocatori, oppositivi e vendicativi nei confronti di figure adulte o dell’autorità (genitori, insegnanti, educatori). Questi bambini: mettono spesso in discussione le regole, rifiutano di eseguire richieste, irritano volontariamente gli altri, fatican...

Oltre la svogliatezza: riconoscere i DSA a scuola

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Quello dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) è un tema di cui si sente parlare spesso. Chi lavora nel mondo della scuola, come me, li ha sicuramente incontrati almeno una volta, sotto forma di un alunno o, per qualcuno, anche di un compagno di classe. Oggi, in quasi ogni classe, ci troviamo a lavorare con almeno uno o due studenti con DSA. Eppure, nonostante la loro crescente diffusione, mi rendo conto che questi disturbi non sono sempre compresi, accolti o visti con la giusta attenzione. Non di rado, capita ancora di sentire frasi come: “Ai miei tempi non esistevano tutti questi DSA, oggi sembra un’epidemia!” Ma sapete cosa penso? Che in passato mancava una reale preparazione sull'argomento. Molti insegnanti non erano in grado di riconoscere questi disturbi, che venivano spesso etichettati come semplice svogliatezza, mancanza di impegno, o peggio ancora, come segno di scarsa intelligenza. Oggi, per fortuna, le cose stanno cambiando. C’è una maggiore consapevolezza dei...